Nella giornata dedicata alle vittime dell’amianto i familiari degli operai scomparsi raccontano la sconcertante verità sulla ricostruzione del teatro nel dopo guerra
Ventisette morti sospette. A tanto ammonterebbe finota il conto delle vittime di amianto al Teatro alla Scala di Milano, morti per le quali proprio oggi, venerdì 30 aprile si celebrerà l’ennesima udienza del processo a carico dei vertici della celebre struttura, relizzata nel 1778 dall’architetto Giuseppe Piermarini e completamente ristrutturata nel dopo guerra in seguito ai bombardamenti del 1943 sulla città. Sarebbe stata proprio quella ricostruzione a portare all’interno del teatro grandi quantità di amianto, usate per coibentare numerosi spazzi del palazzo.
“Pensi che ne abbiamo trovato persino in un condotto d’areazione che dà sul palco d’onore nel quale siedono i presidenti della Repubblica e i capi di Stato. Ptenizialmente anche loro avrebbero potuto respirare la sostanza cancerogena. È ormai noto che la Scala ne era piena, ma tutti tacciono e persino il processo, iniziato dopo la morte di un nostro carissimo collega, un vigile del fuoco morto per mesotelioma, è sempre stato in salita. Nessuno vuole ammettere ufficialmente la relazione tra l’amianto e le morti sospette, nonostante dall’inizio del dibattimento i decessi siano passati nel frattempo da 10 a 27. Vorremmo che i vertici del teatro, la sovrintendenza e il sindaco (che in quanto tale è presidente della fondazione) dimostrassero un poco di solidarietà e di responsabilità per quei lavoratori che hanno perso la vita per il prestigio della Scala”.
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